ALIMENTAZIONE NATURALE: LA STRADA DELLA SALUTE 1
“ Se vuoi mantenerti sano, ascolta quanto ora ti annunciamo:
Basta con gli opprimenti pensieri; l’ira, credimi è meschina; sii parco
nel mangiare, guardati dal vino troppo forte. Una volta che hai
mangiato, alzati da tavola, guardati dal dormire di giorno! Non
trattenere troppo a lungo l’urina, se hai movimenti di pancia, segui il
bisogno. Se fai esattamente come ti diciamo la tua vita sarà un lungo
viaggio” Regimen Salernitanum
Nel Medioevo la medicina era una scienza che interessava la vita nel suo
insieme; una scienza incentrata su un regime di vita sano e regolato, e
questa visione filosofica trovò la sua massima espressione nella Scuola
Medica Salernitana. Il medico, forte di una filosofia naturalistica,
aveva l’obiettivo di riportare l’uomo verso l’ordine, verso la
regolamentazione universale, verso l’armonia. Scrive Paracelo nel suo
Labyrinthus: “Esistono due vie di guarigione, la difensiva e la
curativa” e tra le due la preventiva occupava un livello prioritario
rispetto alla curativa che interviene a malattia conclamata, e
nell’ambito della preventiva la dietetica era il principio di tutta la
teoria e la prassi medica, dal momento che il suo compito era quello di
indicare e impostare una serie di regole (regimen) da seguire per
migliorare e conservare la salute dell’individuo, portando l’attenzione
all’ alimentazione, all’ ambiente, ai fattori climatici, all’attività
fisica, alle passioni…Quindi esisteva già una visione olistica! Nella
cultura cristiana del XII° secolo svetta la figura della Badessa
Ildegarda von Bingen, mistica e medico, grande testimone della visione
sistemica di quei tempi. La guarigione secondo santa Illdegarda non
consiste nella scomparsa del sintomo della malattia, ma la guarigione
dell’intero uomo. Il suo modello si basava su 5 regole di vita: AER
(luce ed aria), CIBUS ET POTUS (cibo e bevande) MOTUS ET QUIES (moto e
quiete) EXCRETA ET SECRETA (escrezioni e secrezioni) AFFECTUS ANIMI
(accidenti d’animo).
Adesso voglio raccontarvi una storia. E’ una storia vera: la storia di
una popolazione dell’Himalaya, all’estremo nord del Pakistan. Il loro
territorio è racchiuso in una zona circondata dal Pamir russo,
dall’Afghanistan e dal Tibet cinese ed è separato da questi tre paesi da
montagne che raggiungono 7000 metri d’altezza. Molte tribù abitano
questa regione e per molto tempo sono restate del tutto sconosciute: nel
1935 si doveva camminare per un mese e percorrere 500 km prima di
incontrare un europeo. La storia che vi racconterò è la storia degli
Hunza. All’epoca della colonizzazione inglese dell’India, molti medici
vennero mandati nelle varie province per rendersi conto della situazione
sanitaria degli abitanti e portar loro soccorso. Un giovane medico
scozzese, Mac Carrison, accettò il posto di medico dello Stato nelle
Indie britanniche, e con grande entusiasmo partì per conoscere le
malattie che esistevano nella regione settentrionale dello Cachemir. Per
14 anni, dal 1904 al 1918, adempì le sue funzioni con regolarità
visitando le numerose popolazioni più o meno autonome che abitavano le
regioni di frontiera, e fra queste incontrò gli Hunza. Fu colpito dalla
loro bellezza, dalla loro grande capacità di lavorare e soprattutto e
dalla loro perfetta salute. Egli arrivò alla conclusione che questo
popolo rappresenta l’uomo ideale da un punto di vista sanitario:
perfettamente immuni da ogni tipo di malattia cronica e pronti a reagire
ad ogni infezione con rarissime manifestazioni febbrili di breve durata
e forte intensità. L’età non indebolisce né la vista, nè l’udito, tanto
meno i denti. Il cuore sopporta notevoli sforzi senza risentirne. Sono
molto longevi, 120-140 anni, e la morte sopraggiunge dolcemente, come
una fiamma che si spegne. Gli uomini possono avere normalmente figli
anche oltre i 70 anni, e non è raro vedere i centenari nei campi a
lavorare. Non soffrono di sbalzi d’umore, né di ansia o nervosismo. Dopo
aver analizzato tutti i fattori che avrebbero potuto influire sul loro
eccezionale stato di salute, quindi ereditarietà, igiene, razza, etc,
Mac Carrison giunse alla conclusione che il fattore determinante e
decisivo era rappresentato dalla loro alimentazione. Tornato in
Inghilterra si dedicò alla verifica delle conclusioni cui era giunto
facendo esperimenti sui topi. Nutrì 1200 topi usando il cibo dei
quartieri popolari di Londra: pane bianco, piatti dolci di farina
bianca, marmellata, carne , aringhe, cibi in scatola, dolciumi e solo
saltuariamente un po’ di legumi cotti. Dopo un certo periodo questi topi
presentavano le stesse patologie organiche degli uomini sviluppando
anche una notevole irritabilità, agitazione ed aggressività spinta al
punto di divorarsi a vicenda. Ad un altro gruppo fu dato il cibo degli
Hunza, questi non si ammalarono e rimasero sempre tranquilli.
Lo stesso Darwin aveva osservato: “I lavoratori più forti che io abbia
visto, i minatori del Cile vivono di verdure e di legumi” e Sir Head
confermava: “Portano pesi di oltre 200 libbre su un piano inclinato di
80 metri, più volte al giorno, e sono del tutto vegetariani: fanno
colazione con pane e fichi, pranzano con fagioli lessati, cenano con
grano abbrustolito.”
Il digiuno sembra essere la più antica dieta esistente, sia che vogliamo
vederla sotto un aspetto dietetico sia che vogliamo considerarlo dal
punto di vista depurativo. In effetti la valenza depurativa per tanti
secoli è stata importante. In effetti nel Nuovo Testamento si ricorda
che Gesù digiunò in solitudine nel deserto per 40 giorni e notti, e tra
Vecchio e Nuovo Testamento ci sono almeno 74 riferimento al digiuno, ed
anche il buddismo include il digiuno nelle sue pratiche, gli yogi per
esempio digiunano per raggiungere l’estasi mistica, nell’antico Egitto
era consuetudine digiunare almeno 3 giorni al mese, e i grandi maestri
dell’antichità sostenevano l’efficacia del digiuno ed invitavano i
propri discepoli a seguirlo. Pitagora asseriva che il digiuno risveglia
i processi mentali, ed era solito digiunare per 40 giorni, di Socrate e
platone si conoscono digiuni di almeno 10 giorni, Plutarco diceva che
era meglio di una medicina, Ippocrate sconsigliava di mangiare durante
la medicina. Nei tempi moderni Gandhi raggiunse la pace interiore
digiunando e pregando ininterrottamente. In russia prima di accingersi a
dipingere le icone gli artisti digiunavano almeno un giorno. I testi
parlano di piccolo digiuno (uno giornata) e la si può fare mensilmente,
organizzandosi o digiuno vero e proprio (7-40 gg) sotto controllo
medico. Una via di mezzo è di 3 gg: nel primo si avverte ancora il
desiderio di mangiare, nel secondo tutto appare più in ordine e la
voglia di cibo scompare, i colori sono più brillanti, i suoni più puri,
la mente più lucida, il corpo più leggero in una estrema sensazione di
ricongiungimento con il Tutto. |