FIORI DI BACH E PENSIERO POSITIVO
Quando si ha un pensiero il nostro cervello produce una sostanza chimica
che viene definita neuropeptide; quando una cellula del cervello vuole
comunicare con un’altra produce un neuropeptide che si attacca alla
cellula ricevente e viene inglobata in essa. Il nostro sistema
immunitario è composto da monoliti, cellule che hanno recettori per i
neuropeptidi, questo significa che il nostro sistema immunitario
intercetta i nostri pensieri, e molto spesso le cellule immunitarie
producono neuropeptidi. Quindi c’è una grande connessione tra il
pensiero e la salute, e possiamo dire che pensiamo con il corpo. La
mente non è solo nel corpo, per esempio quando ci rilassiamo tutto il
nostro organismo produce sostanze benzodiazepinico-simile ma senza
effetti collaterali, e quando siamo nervosi tutto il nostro corpo
produce sostanze eccitatorie, non solo le surrenali. Quando stiamo bene
il nostro organismo produce immunomodulatori molto potenti e questo
aumenta le barriere immunitarie. Le cause delle nostre felicità possono
essere diverse, ma in ogni caso ci produrranno serenità e questa
serenità si trasmette al nostro sistema immunitario, e quindi aumenta la
nostra salute. Sono stati individuati circa 50 neurootrasmettitori che
il nostro cervello può produrre su richiesta di un pensiero o di
un’immagine mentale, una di queste per esempio è un antidolorifico 50
volte più potente della morfina, questo ci spiega perché in battaglia i
soldati sopportano senza batter ciglio stimoli dolorifici estremamente
alti, che in contesti differenti nessuno riuscirebbe a sopportare. O
ancora per esempio alcuni ricertpori di Bolder, Colorado, hanno
dimostrato come le emozioni positive fanno salire i livelli di DHEA (un
ormone che favorisce il rinnovamento cellulare e combatte lo stress) e
di IgA (anticorpi), mentre le emozioni negative provocano la riduzione
di entrambi. Si pensa che una persona normale produca circa 60000
pensieri ogni giorno, di cui il 90% di essi sono uguali a quelli del
giorno precedente. Questo significa che si creano continuamente gli
stessi modelli psico-energetici. In altre parole se siamo legati a dei
Modelli Cognitivi Limitanti questi sono il nostro vivere quotidiano e
limitano oltre il nostro umore, anche le nostre capacità psico-fisiche
ed il nostro stato di salute in senso lato. Facciamo qualche esempio.
Basta pensare ai Giochi Olimpici: un tempo si pensava che fosse
impossibile percorrere un miglio in 4 minuti. Nessuno riusciva a farlo e
numerose teorie di ordine pseudo-scientifico avvaloravano questo Modello
Cognitivo Limitante. Dopo che nel 1987 Roger Bannister riuscì
nell’impresa dopo di lui un intero gruppo di perasone ottenne lo stesso
risultato, e lo stesso si può dire con i 100 metri in meno di dieci
secondi e quando nel 1992 Carl Lewis ottenne il risultato nella stessa
gara sei atleti abbatterono la barriera. I Modelli cognitivi limitanti
non sono innati, vengono generati da noi e da noi vengono trasmessi.
Prendiamo i bambini, nascono senza eppure noi riusciamo a condizionarli,
a modificare le loro convinzioni. Per esempio in India quando si vuole
addestrare un elefante, lo si prende da neonato e lo si lega ad un
albero con una grande catena. A mano a mano che cresce, la catena viene
sostituita con una corda sempre più esile, fino a quando da adulto viene
tenuto legato all’albero solo da una striscia di carta, eppure
l’elefante non va via perché sa di essere legato ed imprigionato e di
non poter scappare; un altro esempio possono essere le pulci. Gli
addestratori mettono gli animaletti in un barattolo di vetro coperto e
lasciano che esse saltino per diverso tempo facendo toccare il
coperchio, dopo che le pulci hanno appreso tutto ciò si toglie il
coperchio ed esse continuano a saltare alla stessa altezza, convinte che
ci sia ancora il coperchio a limitarle. Le correlazioni tra mente e
corpo vanno oltre: nel 1980 all’Università dell’Ohio al termine di uno
studio sul colesterolo fu evidenziato che ad un piccolo gruppo di
conigli, nutriti con la stessa dieta ipercolesterolizzante, non si erano
modificati i parametri di colesterolo come era successo agli altri. Dopo
aver analizzato tutti i parametri tra i vari gruppi di cavie ed aver
notato che non sussisteva alcuna differenza, si scoprì che quelli
restati sani erano affidati alle cure di un operatore che prima di dare
loro il cibo li accarezzava e li baciava e che ci giocava insieme anche
fuori dell’orario lavorativo. Una delle pubblicazioni fondamentali in
quest’ambito è stato Type A behavior and your heart (il comportamento
del tipo A ed il cuore) scritto da due medici: Meyer Friedman e Ray
Rosnman, entrambi specializzati in cardiologia. Essi hanno evidenziato
un tipo di personalità, che hanno definito Tipo A caratterizzata da
impazienza, irritabilità, eloquio rapido, aggressività, ambizione,
autoritarismo. Questo soggetto è un drogato da lavoro, uno che non si
rilassa nemmeno quando gioca con i figli, uno che cerca di fare quante
più cose nel minor tempo possibile. Il suo motto è “power lunch”
(nutrirsi di potere). L’elemento preponderante di questo tipo di
personalità è l’ostilità, un’ostilità a 360 gradi che si rivolge a tutto
e a tutti e che trae la sua linfa vitale dalla scarsa fiducia nella
natura umana e nei suoi propositi, e su erronee affermazioni profetiche
che puntualmente si avverano, in una parola su modelli cognitivi
limitanti. I due medici dopo un attento studio hanno evidenziato che
questo soggetto di tipo A evidenzia un rischio più elevato di contrarre
patologie cardiache mortali. Il lavoro del dott Wiliams della Duke
University conferma questa ipotesi, individuando nell’ostilità il vero
elemento destabilizzante della personalità di tipo A e cogliendo la
verità statistica che il 70% dei soggetti di tipo A con marcata ostilità
presentavano plasse ateromasiche in uno studio che riguardava 400
persone catalogate di tipo A. Ma anche altri recenti studi individuano
un’incidenza 6 volte maggiore di infarto miocardio in soggetti con
elevati tassi di ostilità. Restando in campo di malattie cardiache
riportiamo uno studio del Dipartimento della sanità del Massachussets
che riguardava i fattori di rischio per le malattie cardiocircolatorie
degli abitanti dello stato. Si è evidenziato che il 50% dei cardiopatici
non ha fattori di rischio quali fumo, ipertensione, diabete, obesità; e
che nel 50% dei casi il primo disturbo al cuore è stata anche causa di
morte. Anamnesticamente, avendo già esclusi i classici fattori di
rischio, sono stati evidenziati due aspetti comuni: la disaffezione al
lavoro e la bassa autostima. Altri studi importanti sono quelli del
dott. James Lynch della facoltà di medicina dell’università del Maryland
a Baltimora che ha dimostrato che tra le persone che vivono sole c’è una
più alta incidenza di morte prematura ed anche correlazioni tra il
cancro e l’isolamento, e statistiche interessanti sui tumori vengono
anche dalla dott.ssa Joan Borisenko della facoltà di medicina
dell’università di Harvard e dal dott. Richard Schellelle
dell’università del Texas. La prima ha evidenziato interessanti
correlazioni tra l’aumentata incidenza di tumori in persone con un
insoddisfacente rapporto con i genitori, il secondo come la depressione
raddoppi la possibilità dello sviluppo del cancro. Ma volendo possiamo
citare ancora un alto numero di studi che mettono in relazione il
crescente numero di casi di tumori in soggetti con importanti stress
emotivi quali pensionamento, morte di un compagno, abbandono dei figli,
rabbia repressa, e quest’ultima sembra aver un ruolo fondamentale nella
patogenesi del cr mammario. |