Cominciamo a parlare di medicina. Di quella che solitamente i mass
media definiscono alternativa, ma non tutti noi siamo d’accordo con
questa dizione. Altri parlano di medicina dolce, o di medicina naturale,
ma credo che il modo più esatto di classificare questa branca della
scienza sia “medicina olistica”. Perché? Perché ci riferiamo ad un
qualcosa di molto più ampio rispetto alla concezione attualmente in uso.
Non consideriamo un organo malato, o un apparato che non funziona
correttamente ma l’organismo in toto, ossia l’uomo nella sua interezza.
È questo il tentativo prima culturale e poi scientifico di riportare il
microcosmo uomo al centro del macrocosmo e di uscire quindi dalla logica
aberrante dell’apparato malato o ancora dell’organo che deve guarire,
perché molto spesso quello non è altro che un led luminoso che ci indica
che il sistema-uomo è in scompenso. Quando noi ci accostiamo ad un
paziente la prima cosa che valutiamo è la sua fisiologia, è il suo stato
di normalità, come sono i suoi pasti, quali le sue abitudini, le paure,
i sogni, le secrezioni, le modalità con le quali si manifestano gli
eventi morbosi. Voglio dire che è poco interessante sapere che un
paziente con la gastrite soffra di pirosi gastrica, (bruciore di
stomaco) perché dopotutto è ovvio, sarebbe anormale se non lo fosse,
quello che ci può aiutare è invece sapere qualcosa di quel soggetto,
magari a che ora si manifesta maggiormente la pirosi e se migliora con
applicazioni calde o fredde o magari dopo l’emissione di urina o dopo un
flusso mestruale; relazioni che non possono essere in funzione della
patologia gastrite, ma di quel soggetto, e solo di quel soggetto malato
di gastrite. Dobbiamo cominciare a concepire la malattia come un
campanello che squilla per ricordarci che qualcosa nel microcosmo uomo
non và. Le valutazioni che noi possiamo fare sono molteplici : partendo
da una diagnosi energetica possiamo comprendere quali organi, apparati o
meridiani sono maggiormente scompensati e quindi quali possono essere le
probabili manifestazioni morbose. Questo è di fondamentale importanza
anche in campo preventivo. Tutto ciò si può effettuare con alcuni test
muscolari ed allora parliamo di kinesiologia applicata, oppure tramite
apparecchiature bioenergetiche. Fondamentale nel quadro del microcosmo
uomo è l’alimentazione. Quindi una valutazione appropriata delle
intolleranze alimentari, si badi bene, non delle allergie che sono più
facilmente individuabili e riscontrabili, ma delle intolleranze. Una
volta fatto questa valutazione, e quindi individuato quello che solo
quel paziente deve allontanare dalla dieta, passiamo ad occuparci
dell’aspetto nutrizionale propriamente detto considerando il gruppo
sanguigno di quel soggetto, le necessità caloriche, il tipo di vita, di
impegni, di patologie, e quindi un programma nutrizionale ben preciso e
personalizzato che mirerà al suo benessere psicofisico. Solo di là si
può partire per una vita serena in questa mondo così veloce e
stressante. Adesso voglio raccontarvi una storia. E’ una storia vera:
la storia di una popolazione dell’Himalaya, all’estremo nord del
Pakistan. Il loro territorio è racchiuso in una zona circondata dal
Pamir russo, dall’Afghanistan e dal Tibet cinese ed è separato da questi
tre paesi da montagne che raggiungono 7000 metri d’altezza. Molte tribù
abitano questa regione e per molto tempo sono restate del tutto
sconosciute: nel 1935 si doveva camminare per un mese e percorrere 500
km prima di incontrare un europeo. La storia che vi racconterò è la
storia degli Hunza. All’epoca della colonizzazione inglese dell’India,
molti medici vennero mandati nelle varie province per rendersi conto
della situazione sanitaria degli abitanti e portar loro soccorso. Un
giovane medico scozzese, Mac Carrison, accettò il posto di medico dello
Stato nelle Indie britanniche, e con grande entusiasmo partì per
conoscere le malattie che esistevano nella regione settentrionale dello
Cachemir. Per 14 anni, dal 1904 al 1918, adempì le sue funzioni con
regolarità visitando le numerose popolazioni più o meno autonome che
abitavano le regioni di frontiera, e fra queste incontrò gli Hunza. Fu
colpito dalla loro bellezza, dalla loro grande capacità di lavorare e
soprattutto e dalla loro perfetta salute. Egli arrivò alla conclusione
che questo popolo rappresenta l’uomo ideale da un punto di vista
sanitario: perfettamente immuni da ogni tipo di malattia cronica e
pronti a reagire ad ogni infezione con rarissime manifestazioni febbrili
di breve durata e forte intensità. L’età non indebolisce né la vista, nè
l’udito, tanto meno i denti. Il cuore sopporta notevoli sforzi senza
risentirne. Sono molto longevi, 120-140 anni, e la morte sopraggiunge
dolcemente, come una fiamma che si spegne. Gli uomini possono avere
normalmente figli anche oltre i 70 anni, e non è raro vedere i centenari
nei campi a lavorare. Non soffrono di sbalzi d’umore, né di ansia o
nervosismo. Dopo aver analizzato tutti i fattori che avrebbero potuto
influire sul loro eccezionale stato di salute, quindi ereditarietà,
igiene, razza, etc, Mac Carrison giunse alla conclusione che il fattore
determinante e decisivo era rappresentato dalla loro alimentazione.
Tornato in Inghilterra si dedicò alla verifica delle conclusioni cui era
giunto facendo esperimenti sui topi. Nutrì 1200 topi usando il cibo dei
quartieri popolari di Londra: pane bianco, piatti dolci di farina
bianca, marmellata, carne , aringhe, cibi in scatola, dolciumi e solo
saltuariamente un po’ di legumi cotti. Dopo un certo periodo questi topi
presentavano le stesse patologie organiche degli uomini sviluppando
anche una notevole irritabilità, agitazione ed aggressività spinta al
punto di divorarsi a vicenda. Ad un altro gruppo fu dato il cibo degli
Hunza, questi non si ammalarono e rimasero sempre tranquilli. Nel 1934
un altro scienziato, David Lorimer si interessò agli Hunza, ma quella è
un’altra storia e ci porta lontano dalla nostra storia…Vi ho raccontato
tutto ciò per dimostrarvi di quanto sia importante l’alimentazione per
vivere bene. Ma quale alimentazione: quella degli Hunza? Quella dei fast
food? Quella tanto reclamizzata mediterranea? Oggi diciamo semplicemente
un’alimentazione naturale. Ma come deve essere un’alimentazione
naturale? Deve contenere numerosi requisiti. Primo tra tutti deve
considerare che ogni uomo è diverso dall’altro non solo emozionalmente,
ma anche geneticamente e che tra le numerose variabili di un individuo
c’è anche il gruppo sanguigno. I gruppi sanguigni sono quattro e cioè:
0, A, B, AB, e sono un’impronta genetica che ci distingue l’uno
dall’altro proprio come fa il DNA contenuto in ogni nostra cellula.
Dopotutto dobbiamo considerare che da sempre il sangue è stato sinonimo
di vita, o meglio il sangue è la vita stessa. E’ la forza primordiale
che alimenta la potenza, il mistero della nascita, gli orrori della
malattia, della guerra e della morte violenta. Da sempre è un elemento
magico, alchemico, mistico. Accompagna il corso della storia dell’uomo
come simbolo culturale e spirituale. I nostri antenati mischiavano il
loro sangue e lo bevevano in segno di unità e fratellanza; fin dalla
loro prima comparsa sulla terra i cacciatori praticavano rituali per
placare lo spirito delle loro prede, offrendone il sangue e
spalmandoselo sul volto e sul corpo. E’ stato il sangue di un agnello
che ha salvato gli Ebrei schiavi in Egitto dalla vendetta dell’Angelo
della Morte. Ed è sempre sangue quello che invade le acque del Nilo
toccate da Mosè per indurre il faraone a liberare il popolo ebraico,
così come il sangue di Gesù Cristo è al centro della liturgia
eucaristica. Il sangue deve queste grandi potenzialità evocative alla
sua unicità, non si limita a nutrire, a difendere i sistemi biologici
che ci consentono di vivere , ma fornisce una chiave interpretativa
della storia dell’umanità, uno specchio attraverso il quale possiamo
seguire le tracce del nostro viaggio nel tempo. Le differenze
riscontrabili nei diversi gruppi sanguigni sono pertanto la diretta
conseguenza della capacità dell’uomo di adattarsi alla mutevolezza
dell’ambiente circostante. Nella maggior parte dei casi, questi
cambiamenti hanno avuto profonde ripercussioni sul sistema digestivo e
su quello immunitario. E la storia della sopravvivenza è legata
indissolubilmente alle capacità di adattamento del sistema digestivo e
di quello immunitario. Sarebbe bello parlare dell’antropologia medica,
cioè seguire l’evoluzione dell’uomo attraverso i gruppi sanguigni, ma
anche questa è un’altra storia. Diciamo soltanto che il primo uomo,
l’uomo di Cro-Magnon è di gruppo 0 ed è un predatore, il gruppo A,
invece, compare per la prima volta in qualche zona dell’Asia ed in Medio
Oriente in pieno Neolitico e Paleolitico. Quest’uomo scopre
l’agricoltura e comincia ad addomesticare gli animali. Il gruppo B fa la
sua comparsa 10000- 15000 anni fa nelle zone montuose dell’Himalaya che
oggi fanno parte del Pakistan e dell’India. Quest’uomo è nomade. Il
gruppo AB è il più recente. Si è sviluppato dalla mescolanza del sangue
di tipo A, caucasico, con quello di tipo B, mongolico, è oggi presente
in meno del 5% della popolazione. Dovrebbe nascere quando le orde
barbariche infieriscono sull’ormai inerme Impero romano ed il sangue dei
vincitori si mescola con quello dei vinti, è lì che nasce il gruppo AB.
Ma che attinenza ha tutto ciò con la dieta. La spiegazione sta nelle
lectine, che sono delle proteine molto abbondanti in diversi alimenti.
Prima di tutto diciamo che ognuno di noi ha nel sangue anticorpi diretti
contro gli antigeni caratteristici degli altri gruppi sanguigni, per
esempio chi è di gruppo A possiede anticorpi contro il gruppo B, bene le
lectine di derivazione alimentare presentano caratteristiche simili a
quelle degli antigeni dei gruppi sanguigni, per esempio il latte ha
delle lectine simili all’antigene B, se una persona con sangue di tipo A
ne beve un poco, il suo organismo mette in moto tutta una serie di
meccanismi di agglutinazione nel tentativo di eliminare l’intruso.
Aggiungiamo che di recente è stata fatta anche una correlazione tra
gruppi sanguigni e tendenze patologiche, ovvero probabilità che una
persona che ha un determinato gruppo sanguigno possa sviluppare una data
malattia. Se su questa situazione di base si aggiunge un’alimentazione
sbagliata i rischi aumentano: per esempio se al nostro soggetto di
gruppo A somministriamo della mortadella, i nitriti (sostanze ad azione
conservante) in essa contenuti avranno un’attività tossica novanta volte
superiore a quella svolta in un soggetto appartenente ad un altro
gruppo. Questo perché nel gruppo A il rischio generico di sviluppare una
neoplasia gastrica è aumentata, e quindi i nitriti, sostanze dotate di
attività cancerogena, risultano più tossici. Ma non è finito, a questo
punto, come abbiamo detto in apertura, nell’ambito di ogni gruppo
sanguigno ci saranno delle diverse intolleranze alimentari. Quando si
parla di intolleranze alimentari e non di allergie? Quando non vi è la
produzione di IgE, quando le reazioni non sono immediate, ma croniche; i
disturbi infatti non sono in diretta relazione all’assunzione del cibo
ma si possono verificare a distanza di un tempo fino a 72 ore dopo. I
sintomi e la malattie si possono sviluppare a carico di qualsiasi
organo-apparato-sistema. Le più frequenti sono depressione, labilità
d’umore, difficoltà di concentrazione, crisi d’ansia, cefalee,
vertigini, astenia, ipertensione, tachicardia, aumento ponderale, ulcere
gastroduodenali, sindrome del colon irritabile, dispepsia, stipsi,
diarrea, cistiti croniche, irritazioni vaginali, sterilità, dismenorrea,
amenorrea, artriti, artrosi, dolenza articolare ricorrente, orticaria,
dermatiti, psoriasi, acne Il meccanismo che causa lo scatenamento di
queste manifestazioni si deve ricercare nell’alterata reazione del
sistema immunitario, che in presenza di alcuni alimenti li riconosce
come dannosi ed estranei e di conseguenza reagisce. Guarire dalle
intolleranze alimentari è semplice. Una volta individuati con precisione
i cibi responsabili del fenomeno, è sufficiente eliminarli completamente
dall’alimentazione quotidiana per un periodo variabile da quattro a sei
settimane per poter poi reintrodurre l’alimento responsabile e se
l’organismo è completamente disintossicato e non riconoscerà più quegli
alimenti come estranei e dannosi, li accetterà senza problemi. Le
metodiche di individuazione delle intolleranze alimentari più diffuse
sono essenzialmente due: la kinesiologia applicata, e le metodiche
bioenergetiche. A questo punto compatibilmente con tutto ciò che abbiamo
appena detto un’alimentazione naturale non può non essere basata su di
un elevato consumo di frutta fresca cruda di stagione, preferibilmente
biologica, cereali integrali, legumi, verdura cruda, ma anche cotta
anch’essa biologica, germogli di legumi e cereali. Eliminare
completamente lo zucchero bianco ed i prodotti di pasticceria
industriale. Abolire o diminuire caffè ed eccitanti, evitare bibite
gassate, farine bianche, prodotti in scatola, grasso di origine animale.
Ridurre il consumo di carne rossa, sostituendola con quella bianca, o
meglio ancora con il pesce. Depennate completamente gli oli spremuti a
caldo. Preferiti oli ad alto contenuto di acidi grassi momoinsaturi e
polinsaturi, ricchi di acido linoleico ed alfalinoleico. La scelta
ottimale sarebbe quella di usare olio extravergine d’oliva, integrato da
un cucchiaio e mezzo di olio di girasole con piccole aggiunte (un
cucchiaino da the) di olio di lino. |